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“DOBBIAMO PREVENIRE IL RISCHIO DI INFORTUNI”, L’AIC OSPITE AL SFS24

Il SFS24 ha ospitato, nella seconda giornata di Summit, l’Associazione Italiana Calciatori (AIC). Sul palco sono intervenuti il presidente dell’associazione Umberto Calcagno, Fabio Giuseppe Poli, Organizational Director dell’AIC e il collaboratore Marco Piccinini.

Abbiamo effettuato uno studio su Serie A, Premier League e Liga, approfondendo le stagioni 2022-2023 e 2023-2024, inserite tra il mondiale e le competizioni continentali, e abbiamo visto che il progressivo aumento di partite ha un impatto clinico elevato sui calciatori e ha alzato nettamente il costo infortuni, svalutando i giocatori”, ha esordito Poli, soffermandosi su un problema strutturale di crescente rilevanza per tutta la football industry.

Sul tema, l’AIC ha recentemente pubblicato un report dettagliato, che evidenzia alcuni aspetti fondamentali, utili per comprendere meglio le dinamiche del fenomeno. Citando alcuni dati:

1) Incidenza degli infortuni sui calciatori; In tutte e tre le leghe analizzate (Premier League, Serie A e La Liga), il numero totale di giorni di infortunio per calciatore supera sempre il 10% dei giorni disponibili: in Premier 1 giorno di infortunio ogni 6,6 disponibili, mentre in Spagna e Italia 1 ogni 9.

2) Fattori determinanti; L’aumento degli infortuni è direttamente proporzionale al numero di partite disputate, con un diretto impatto sulle prestazioni. In che senso? Che un calciatore di un club con circa 55 partite a stagione è infortunato in media per 71 giorni (il 20% del tempo), e non disponibile 1 giorno su 5. Se il numero di partite supera le 55, il rischio di infortuni può addirittura raggiungere il 30%, rendendo i calciatori potenzialmente indisponibili 1 giorno su 3.

3) Effetti del calendario fitto; l’introduzione di nuovi format e competizioni non migliora la situazione. Tornei come il Mondiale per club, porteranno i calciatori a disputare circa 80 partite in una stagione, esponendo gli stessi a un potenziale rischio di infortunio fino a 150 giorni (100%). Il dato – naturalmente – ha delle ricadute evidenti in termini di performance sportiva e di entertainment offerto dai broadcaster ai tifosi.

L’analisi ha poi preso in esame i 25 calciatori con maggiore ingaggio per ciascun club, focalizzandosi su quelli che disputano circa il 90% del minutaggio disponibile, fornendo una panoramica dettagliata e mirata sugli impatti degli infortuni sui giocatori più influenti – tra cui Théo Hernandez, Julian Alvarez o Federico Valverde -. 

I dati emersi dal report evidenziano quindi una realtà preoccupante: la pressione crescente sui calciatori, tra calendari sempre più fitti e competizioni ravvicinate, rischia di compromettere non solo la loro salute, ma anche la qualità dello spettacolo sportivo. Se da un lato il calcio si evolve per soddisfare le richieste economiche e commerciali di un mercato globale, dall’altro è chiara la necessità di riforme strutturali che pongano al centro la sostenibilità fisica e mentale degli atleti. Senza un intervento deciso, il rischio è che il gioco più amato al mondo perda il suo fascino, schiacciato dal peso di aspettative insostenibili; e il calcio non può permettersi di diventare il suo peggior nemico.

Una situazione emergenziale che deve essere risolta quanto prima, come ha voluto sottolineare anche Calcagno dal palco del SFS: “Tutelare il calciatore aumenta la competitività dei campionati. Il messaggio che vogliamo mandare è costruttivo. L’aumento degli infortuni è maggiore rispetto all’aumento del numero delle partite. Se la salute del calciatore resta un argomento sindacale vuol dire che stiamo sbagliando qualcosa. Garantire l’integrità dell’asset più importante del calcio aumenta lo spettacolo, e non possiamo stare fermi a guardare”.