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Il Caso Diarra e la Giustizia Sportiva: il Calcio tra Tribunali e Regole Internazionali

Può una sentenza cambiare le regole del gioco? Il panel “Diritto dei giocatori e interessi dei club: gli effetti della sentenza Diarra” ha acceso i riflettori su uno dei casi più complessi della giustizia sportiva contemporanea, in grado di stimolare nuove riflessioni sull’equilibrio tra diritto sportivo e diritto comunitario. Moderato dalla giornalista Sky Sport Marina Presello al SFS24, il panel ha visto protagonisti Claudia Romanelli (P&P Sport Management), Roberto Chieppa (Presidente di Sezione del Consiglio di Stato) e Carlo Rombolà (UEFA Academy Alumni Association).

Lassana Diarra, ex calciatore del Lokomotiv Mosca, è al centro di una vicenda iniziata nel 2014 e ancora oggi rilevante. Dopo uno scontro con il club, che aveva portato a una riduzione dello stipendio, il giocatore disertò gli allenamenti. La società, appellandosi all’articolo 17 del FIFA Regulation, chiese la risoluzione del contratto e un indennizzo.

Nel 2015 il Tribunale Arbitrale dello Sport (TAS) diede ragione al Lokomotiv, ma la vicenda si complicò quando il calciatore tentò di trasferirsi al club belga Charleroi. La FIFA, applicando l’articolo 17, impose al club belga e a Diarra una responsabilità in solido pari a 10,5 milioni di euro. Il caso arrivò fino alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE), che stabilì l’incompatibilità dell’articolo 17 con il diritto comunitario, riconoscendo il conflitto con la libertà di circolazione dei lavoratori e le regole sulla concorrenza.

Roberto Chieppa ha quindi proposto di analizzare il caso giuridico sotto una diversa prospettiva, dicendo: “La rilevanza economica della football industry rende inevitabile l’intersezione tra diritto sportivo e diritto generale. I calciatori sono lavoratori e, come tali, soggetti alle normative europee”.

In alcuni aspetti, il caso Diarra richiama la storica sentenza Bosman del 1995, che rivoluzionò il calcio europeo, permettendo ai calciatori comunitari di trasferirsi gratuitamente a fine contratto e abolendo il tetto per i giocatori stranieri nei club UE. Ma Durante il panel sono stati citati anche altri precedenti, come quello del portiere Morgan De Sanctis, che nel 2007, ottenne lo svincolo unilaterale dall’Udinese grazie all’articolo 17, trasferendosi al Siviglia con un risarcimento di 2,5 milioni di euro.

Carlo Rombolà ha aggiunto: “Per il futuro ci sono due scenari possibili: o si ridefiniranno i parametri dell’articolo 17 o si assisterà a un profondo cambiamento dello status quo. Tuttavia, è improbabile uno stravolgimento totale, data la natura condivisa degli accordi tra FIFA, UEFA e Commissione Europea”.

Ma cosa accadrebbe se un caso simile si verificasse nel calcio femminile? Secondo Claudia Romanelli, ad oggi “È improbabile, almeno in Italia, per ragioni economiche e sociali. La collaborazione tra i club è molto più sentita nel calcio femminile, con un approccio meno conflittuale”.

Il panel si è poi concluso con una riflessione sull’impatto delle sentenze nel mondo del calcio. Se da un lato le regole sportive devono adattarsi ai principi generali del diritto, dall’altro è fondamentale che il calcio si organizzi per affrontare queste sfide con progetti solidali e una governance innovativa. Come ha voluto ribadire il Presidente di Sezione del Consiglio di Stato: “È indispensabile trovare un equilibrio tra le esigenze sportive e quelle giuridiche, perché solo con una buona governance il calcio potrà continuare a crescere e prosperare”.

Tout court, il caso Diarra non è solo un complesso intreccio giuridico, ma un simbolo delle sfide che il calcio moderno deve affrontare in un contesto globale sempre più regolamentato.